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Gli
amici (e nel
contempo
studiosi) di
Porto Venere
antica si vanno
fatalmente
diradando, ed è
un male, perché,
sotto l’aspetto
archeologico
(strettamente
connesso alla
valutazione
turistica),
Porto Venere è
ancora un po’ il
mistero del
golfo! E chissà
quale preziosa
messe di notizie
è sempre celata
nei polverosi
scaffali degli
archivi…
L’Ente provinciale per il turismo
della Spezia ha
ora aggiunto
alla sua
preziosa collana
di memorie
storiche sulle
località di
maggiore
interesse della
provincia due
opuscoli dovuti
al
sovrintendente
ai monumenti
della Liguria,
l’archit.
Edoardo Mazzino
e cioè «Ricerche
sulla colonia
genovese di
Portovenere»
(già comparso in
una miscellanea
di studi storici
dell’Accademia
Giovanni
Capellini) e «
Portovenere
genovese nella
storia e
nell’urbanistica
», quest’ultimo
con una dotta
presentazione
del noto
storiografo
ligure Teofilo Ossian De Negri.
Ambedue le memorie contengono nuove
precisazioni
sull’origine e
la conformazione
urbanistica di
Porto Venere,
vista sotto gli
aspetti civile e
militare, assai
difficili a
riassumere in
breve spazio. Ci
limitiamo,
pertanto, ai
soli punti
salienti.
Il Mazzino — come del resto il
compianto
professore
Formentini —
considera il «
castrum vetus »
(nella spianata
Lazzaro
Spallanzani,
ridotta a platea
del magico
scenario di San
Pietro) l’arce
originaria dello
strano complesso
paesistico del
quale ammiriamo
le ben
conservate
vestigia ad
intensa carica
pittorica. Si
trattava di
caratteristica
formazione
feudale fondata
su preesistenze
romane nella
quale la parte
abitata (il «
burgus ») ed il
castello erano
unità
intimamente
connesse; il
castrum era, in
quei tempi
tribolati di
assalti foranei
e di violenze,
la fortezza dì
tutti. Al
vecchio borgo i
genovesi
innestano dal
1113 al 1139
quello nuovo, ma
con la struttura
democratica
propria
dell’ordinamento
comunale:
castello e borgo
sono due unità
separate. Nel
primo è
accentrata la
sola difesa
militare, nel
secondo si
svolge la vita
civile e «
burgus » viene
chiamata la
stessa « strada
pubblica » che
del nuovo
abitato
costituisce la
spina dorsale.
Permane l’incertezza se il « castrum
novum »
costruito dai
Genovesi sia
quello attuale,
il castrum
superius che si
vuole edificato
ed ampliato in
epoche
successive,
oppure altro del
quale facevano
parte le due
torri circolari
tuttora
esistenti nei
roccioni ad
ovest della
chiesa di San
Lorenzo.
Sembrerebbe
quest’ultima
l’opinione del
Mazzino e
cadrebbe così
l’ipotesi che le
torri fossero
dei semplici
mulini a vento.
Ciò conferirebbe
maggiore
importanza a
tali vestigia,
accrescendo
l’impegno di chi
ha l’obbligo di
ben conservarle.
I Genovesi quando ritennero cementata
l’unità tra il
vecchio e nuovo
borgo e
sperimentata la
« fidelitas »
della colonia,
rafforzarono ed
unificarono in
un unico
caposaldo i due
centri,
cingendoli di
mura con torri,
fra il 1160 ed
il 1161. Di
notevole
importanza dal
lato della
difesa, era la
Torre della
Spiaggia, assai
ben presidiata.
La Spiaggia, o
Plagia, serviva
già al vecchio
borgo come posto
di alaggio e
riparazione
delle
imbarcazioni, ma
era anche luogo
di mercato e di
stipulazione di
affari
marittimi,
insieme alla
vicina « clapa »
(oggi Ciappa),
detta così,
anche a Genova,
dai lastroni di
ardesia
costituenti il
banco su cui si
esponeva la
merce. Nei
cartulari dei
notai esaminati
dal Mazzino, il
sovrastante
Muzzerone era
allora chiamato
il monte
Nivelone ed è
strana la
radicale
trasformazione
del nome operata
nel corso dei
secoli!
In Porto Venere antica esisteva anche
il «carribium»,
una via in
salita che
portava alla
chiesa di San
Lorenzo, e
l’attuale via
Capellini era
chiamata, come
già detto, «
Borgo ». Era da
aspettarsi che
il Mazzino ne
facesse
l’analisi dal
punto di vista
architettonico,
prendendo le
mosse dal
documento di
acquisto del
territorio dai
Signori di
Vezzano e
valendosi degli
atti relativi a
contratti
immobiliari
esistenti nei
cartulari
dugenteschi dei
notai Giovanni
di Giona e
Tealdo de
Sigestro, allora
operanti a Porto
Venere.
Il lavoro è stato fatto schedando i
rilievi più
interessanti di
tutte le case
del « borgo » a
cominciare dalla
sutura tra la
colonia genovese
ed il
preesistente
Castrum Vetus,
dove esistono i
resti della
cosiddetta «
Casa dei Doria
», monumento di
particolare
interesse, anche
per la presenza
dell’arenaria
fra i materiali
da costruzione.
È risultato che
le case
medioevali
allineate ai due
lati del «
carruggio »
hanno uniformità
di caratteri
nello schema
costruttivo e
distributivo
(scale, vani,
numero dei
piani, eccetera)
pur comportando
diverse
soluzioni in
quanto costrette
in una
superficie
sempre molto
limitata.
Era rigorosamente prescritto il tetto
in ardesia, come
si continua a
fare per il «
centro storico »
di Genova,
mentre oggi a
Porto Venere la
regola non è
stata in vari
casi
rispettata...
Peccato che la ricerca del Mazzino
non sia stata
estesa ai
carugetti
superiori (via
Colonna, via
delle Tre Torri,
via della Chiesa
ed altri) le cui
case si credono
in massima parte
distrutte, ed
ora ridotte ad
orti, dal grande
incendio del
1340, quando i
due borghi
contavano in
complesso 7000
abitanti. Ma è
questa la causa
vera? O non vi
contribuì anche
il bombardamento
aragonese del
1494 che quasi
distrusse le due
chiese? La
storia di questo
borgo superiore,
i cui resti di
portali denotano
in taluni casi
costruzioni « di
classe », dev’essere
tuttora celata
nei cartulari
d’archivio ed è
certo che gli
studiosi di
Porto Venere
antica ce ne
sveleranno il
mistero.
Per ora non resta che far voti
affinché la
fisionomia del
raro complesso
archeologico,
così riposante
per il turista
in cerca di cose
nuove, sia
quanto possibile
salvaguardata da
ogni
deturpazione.
Purtroppo, ad
esempio, non è
stata ancora
vinta la «
battaglia dei
tralicci » che
fanno da
sostegno a due
elettrodotti
(uno ENEL ed
altro
dell’arsenale)
per la Palmaria,
iniziata dal
professor Ettore
Andrea Mori, mi
pare nel
1934-35, quando
comandava il
dipartimento
l’ammiraglio Aimone di
Savoia. Questi
ne aveva
promesso la
rimozione; ma da
allora la
situazione è
invece
peggiorata (due
linee al posto
di una!) mentre
la tecnica dei
cavi subacquei
ha fatto passi
da gigante...
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